Il trattamento deve essere iniziato e controllato da un medico esperto nella diagnosi e terapia della demenza di Alzheimer o della demenza associata alla malattia di Parkinson. La diagnosi deve essere effettuata in accordo con le attuali linee guida. La terapia con rivastigmina deve essere iniziata solo se è disponibile un “caregiver” (colui che assiste abitualmente il paziente) che controlli regolarmente l’assunzione del medicinale da parte del paziente.
La rivastigmina va somministrata due volte al giorno, a colazione e a cena. Le capsule vanno deglutite intere.
Dose iniziale
1,5 mg due volte al giorno.
Titolazione del dosaggio:
La dose iniziale è di 1,5 mg due volte al giorno. Se questa dose risulta ben tollerata per almeno due settimane di trattamento, potrà essere aumentata a 3 mg due volte al giorno. Successivi aumenti a 4,5 e poi a 6 mg due volte al giorno dovranno sempre basarsi sulla buona tollerabilità, per almeno due settimane, della dose in corso di somministrazione.
Se durante il trattamento compaiono reazioni avverse (es. nausea, vomito, dolore addominale, perdita dell’appetito), perdita di peso o peggioramento dei sintomi extrapiramidali (es. tremore) nei pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson, queste potrebbero rispondere alla sospensione di una o più dosi del medicinale. In caso di persistenza delle reazioni avverse la dose giornaliera deve essere temporaneamente ridotta alla dose precedente ben tollerata, oppure può essere interrotto il trattamento.
Dose di mantenimento:
La dose efficace è da 3 a 6 mg due volte al giorno; per raggiungere il massimo beneficio terapeutico i pazienti devono essere mantenuti al più alto dosaggio ben tollerato. La dose massima raccomandata è di 6 mg due volte al giorno.
Il trattamento di mantenimento puo’ essere continuato fino a quando sia riscontrabile un beneficio terapeutico. Pertanto il beneficio clinico della rivastigmina deve essere rivalutato regolarmente, in particolare per i pazienti trattati con dosi inferiori a 3 mg due volte al giorno. Se dopo 3 mesi di terapia con la dose di mantenimento il peggioramento dei sintomi della demenza non viene influenzato positivamente, il trattamento deve essere interrotto. Anche nel caso in cui non sia piu’ riscontrabile un effetto terapeutico, si deve prendere in considerazione l’interruzione del trattamento. La risposta individuale alla rivastigmina non è prevedibile. Comunque maggiore effetto terapeutico è stato riscontrato nei pazienti con demenza di grado moderato con malattia di Parkinson. Alla stessa maniera un più ampio effetto è stato osservato nei pazienti con malattia di Parkinson con allucinazioni visive (vedere paragrafo 5.1).
Non è stato studiato l’effetto terapeutico in studi clinici controllati verso placebo della durata di oltre 6 mesi.
Reintroduzione della terapia:
Se si interrompe il trattamento per parecchi giorni, si deve riprendere la terapia partendo da 1,5 mg due volte al giorno. La titolazione del dosaggio deve poi essere eseguita come descritto sopra.
Insufficienza renale e epatica:
A causa dell’aumentata esposizione al medicinale, in caso di insufficienza renale moderata o compromissione epatica lieve o moderata, la posologia deve essere accuratamente titolata a seconda della tollerabilita’ individuale (vedere paragrafo 5.2).
I pazienti con grave compromissione della funzionalità epatica non sono stati studiati (vedere paragrafo 4.3).
Uso nei bambini:
L’uso di rivastigmina non è raccomandato nei bambini.
L’incidenza e la gravità delle reazioni avverse generalmente aumenta con le dosi più alte. Se si interrompe il trattamento per parecchi giorni, si deve riprendere la terapia partendo da 1,5 mg due volte al giorno per ridurre il rischio di reazioni avverse (es. vomito).
Titolazione del dosaggio: subito dopo l’aumento della dose sono state osservate reazioni avverse (es. ipertensione e allucinazioni in pazienti con demenza di Alzheimer e peggioramento dei sintomi extrapiramidali, in particolare tremore, in pazienti con demenza associata a malattia di Parkinson). Queste possono essere sensibili ad una riduzione della dose. In altri casi, la somministrazione di Exelon è stata interrotta (vedere paragrafo 4.8). Disturbi gastrointestinali quali nausea e vomito, si possono verificare in modo particolare all’inizio del trattamento e/o in occasione di incrementi posologici. Queste reazioni avverse si verificano piu’ frequentemente nelle donne. I pazienti con malattia di Alzheimer tendono a perdere peso. L’uso degli inibitori delle colinesterasi, rivastigmina compresa, è stato associato a perdita di peso in questi pazienti. Durante la terapia il peso corporeo dei pazienti deve essere controllato.
Qualora si verificassero, in associazione al trattamento con rivastigmina, episodi di vomito di grado severo, si deve procedere con opportuni aggiustamenti della dose come raccomandato al paragrafo 4.2. Alcuni episodi di vomito di grado severo sono stati accompagnati da rottura esofagea (vedere paragrafo 4.8). Tali episodi si sono verificati in particolare dopo incrementi del dosaggio di rivastigmina o dopo la somministrazione di alte dosi.
Si deve prestare attenzione alla somministrazione di rivastigmina in pazienti con sindrome del nodo del seno o disturbi della conduzione (blocco seno-atriale, blocco atrio-ventricolare) (vedere paragrafo 4.8).
La rivastigmina può provocare un aumento delle secrezioni acide gastriche. È consigliabile particolare prudenza nel trattamento di pazienti con ulcera gastrica o duodenale in fase attiva o in pazienti predisposti.
Gli inibitori delle colinesterasi devono essere prescritti con cautela a pazienti con anamnesi positiva di asma o broncopneumopatia ostruttiva.
I colinomimetici possono causare o aggravare ostruzioni urinarie e crisi convulsive. Si raccomanda cautela nel trattamento di pazienti predisposti a questo tipo di disturbi. L’impiego di rivastigmina in pazienti con grave demenza di Alzheimer o demenza associata alla malattia di Parkinson, in altri tipi di demenza, o in altri tipi di disturbi della memoria (es. declino cognitivo correlato all’età) non è stato oggetto di studio, e pertanto si sconsiglia l’uso in queste popolazioni di pazienti.
Come altri colinomimetici, la rivastigmina può aggravare o indurre sintomi extrapiramidali. Un peggioramento (comprendente bradicinesia, discinesia, andatura anormale) ed un’aumentata incidenza o gravità del tremore sono stati osservati in pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson (vedere paragrafo 4.8). Tali eventi possono, in alcuni casi, portare alla sospensione di rivastigmina (es. interruzione causata dal tremore nell’1,7% dei pazienti con rivastigmina verso 0% in placebo). Si raccomanda il monitoraggio clinico per queste reazioni avverse.
Per rivastigmina non sono disponibili dati clinici relativi a gravidanze esposte. Non sono stati osservati effetti sulla fertilità o sullo sviluppo embriofetale in ratti e conigli, ad eccezione delle dosi alle quali si è manifestata tossicità nella madre. In studi peri-postnatali nel ratto, è stato osservato un aumento del tempo di gestazione. Rivastigmina non deve essere usata durante la gravidanza, se non in caso di assoluta necessità.
Negli animali, la rivastigmina viene escreta nel latte. Non è noto se la rivastigmina sia escreta nel latte umano e quindi le donne trattate con rivastigmina non devono allattare.
Le reazioni avverse segnalate più frequentemente sono di natura gastrointestinale e comprendono nausea (38%) e vomito (23%), soprattutto durante la fase di titolazione. Negli studi clinici le donne sono risultate più sensibili degli uomini alle reazioni gastrointestinali e alla perdita di peso. Le seguenti reazioni avverse, elencate in Tabella 1, si riferiscono a pazienti con demenza di Alzheimer trattati con Exelon.
Le reazioni avverse in Tabella 1 sono elencate secondo la classificazione MedDRA per sistemi e organi e per classe di frequenza. Le classi di frequenza sono definite utilizzando i seguenti parametri convenzionali: molto comune (≥1/10), comune (≥1/100; <1/10), non comune (≥1/1.000; <1/100), raro (≥1/10.000; <1/1.000), molto raro (<1/10.000); non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Tabella 1
Infezioni ed infestazioni | |
Molto raro | Infezioni urinarie |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | |
Molto comune | Anoressia |
Disturbi psichiatrici | |
Comune | Agitazione, confusione |
Non comune | Insonnia, depressione |
Molto raro | Allucinazioni |
Patologie del sistema nervoso | |
Molto comune | Capogiri |
Comune | Cefalea, sonnolenza, tremori |
Non comune | Sincope |
Raro | Crisi convulsive |
Molto raro | Sintomi extrapiramidali (incluso un peggioramento della malattia di Parkinson) |
Patologie cardiache | |
Raro | Angina pectoris |
Molto raro | Aritmia cardiaca (es. bradicardia, blocco atrio-ventricolare, fibrillazione atriale e tachicardia) |
Patologie vascolari | |
Molto raro | Ipertensione |
Patologie gastrointestinali | |
Molto comune | Nausea, vomito, diarrea |
Comune | Dolore addominale e dispepsia |
Raro | Ulcera gastrica e duodenale |
Molto raro | Emorragia gastrointestinale, pancreatite |
Non nota | Alcuni episodi di vomito di grado severo sono stati accompagnati da rottura esofagea (vedi paragrafo 4.4) |
Patologie epatobiliari | |
Non comune | Alterazione dei test di funzionalità epatica |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | |
Comune | Aumento della sudorazione |
Raro | Rash cutanei |
Non nota | Prurito |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | |
Comune | Fatica ed astenia, malessere |
Non comune | Cadute accidentali |
Esami diagnostici | |
Comune | Perdita di peso |
Le seguenti reazioni avverse sono state osservate con Exelon cerotti transdermici: ansia, delirio, piressia (comune).
La Tabella 2 mostra le reazioni avverse segnalate in pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson trattati con Exelon.
Tabella 2
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | |
Comune | Anoressia, disidratazione |
Disturbi psichiatrici | |
Comune | Insonnia, ansia, irrequietezza |
Patologie del sistema nervoso | |
Molto comune | Tremori |
Comune | Capogiri, sonnolenza, cefalea, peggiora,emto della malattia di Parkinson, bradicinesia, discinesia |
Non comune | Distonia |
Patologie cardiache | |
Comune | Bradicardia |
Non comune | Fibrillazione atriale, blocco atrioventricolare |
Patologie gastrointestinali | |
Molto comune | Nausea, vomito |
Comune | Diarrea, dolore addominale e dispepsia, ipersecrezione salivare |
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | |
Comune | Aumento della sudorazione |
Patologie del tessuto muscolo scheletrico e del tessuto connettivo | |
Comune | Rigidità muscolare |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | |
Comune | Fatica ed astenia, andatura anormale |
Nella Tabella 3 sono elencati il numero e la percentuale dei pazienti che hanno partecipato ad uno specifico studio clinico della durata di 24 settimane, condotto in pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson trattati con Exelon, in cui si sono verificati eventi avversi pre-definiti che potrebbero rispecchiare un peggioramento dei sintomi parkinsoniani.
Tabella 3
Eventi avversi pre-definiti che potrebbero rispecchiare un peggioramento dei sintomi parkinsoniani in pazienti con demenza associata alla malattia di Parkinson | Exelon N (%) | Placebo N (%) |
Totale pazienti studiati | 362 (100) | 179 (100) |
Totale pazienti con eventi avversi pre-definiti | 99 (27,3) | 28 (15,6) |
Tremore | 37 (10,2) | 7 (3,9) |
Cadute | 21 (5,8) | 11 (6,1) |
Malattia di Parkinson (peggioramento) | 12 (3,3) | 2 (1,1) |
Ipersecrezione salivare | 5 (1,4) | 0 |
Discinesia | 5 (1,4) | 1 (0,6) |
Parkinsonismo | 8 (2,2) | 1 (0,6) |
Ipocinesia | 1 (0,3) | 0 |
Disturbi del movimento | 1 (0,3) | 0 |
Bradicinesia | 9 (2,5) | 3 (1,7) |
Distonia | 3 (0,8) | 1 (0,6) |
Andatura anormale | 5 (1,4) | 0 |
Rigidità muscolare | 1 (0,3) | 0 |
Disturbi dell’equilibrio | 3 (0,8) | 2 (1,1) |
Rigidità muscolo-scheletrica | 3 (0,8) | 0 |
Irrigidimento | 1 (0,3) | 0 |
Disfunzioni motorie | 1 (0,3) | 0 |
Gelatina, magnesio stearato, ipromellosa, cellulosa microcristallina, silice precipitata, ossido di ferro giallo (E172), ossido di ferro rosso (E172), titanio diossido (E171).
Non conservare a temperatura superiore ai 30°C.