Posologia
Per i differenti dosaggi, sono disponibili compresse rivestite con film, contenenti 5 mg e 7,5 mg di ivabradina.
Trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile
Si raccomanda che la decisione di iniziare o di titolare il trattamento sia presa dopo aver effettuato ripetute misurazioni della frequenza cardiaca, un ECG o un monitoraggio ambulatoriale nelle 24 ore.
La dose iniziale di ivabradina non deve superare 5 mg due volte al giorno nei pazienti di età inferiore a 75 anni. Dopo 3–4 settimane di trattamento, se il paziente è ancora sintomatico, se la dose iniziale è ben tollerata e se la frequenza cardiaca a riposo rimane superiore a 60 bpm, la dose può essere aumentata alla dose successiva più alta nei pazienti che ricevono 2,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno. La dose di mantenimento non deve superare 7,5 mg due volte al giorno.
Se non si ha un miglioramento dei sintomi dell’angina entro 3 mesi dall’inizio della terapia, il trattamento con ivabradina deve essere interrotto.
Inoltre, se vi è solo una limitata risposta sintomatica e quando non vi è una riduzione clinicamente rilevante nella frequenza cardiaca a riposo entro tre mesi, deve essere presa in considerazione l’interruzione del trattamento.
Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce al di sotto di 50 battiti al minuto (bpm) oppure se il paziente riferisce sintomi collegati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, il dosaggio deve essere ridotto con titolazione, considerando anche la dose più bassa di 2,5 mg due volte al giorno (mezza compressa da 5 mg 2 volte al giorno). Dopo la riduzione della dose, la frequenza cardiaca deve essere monitorata (vedere paragrafo 4.4). Il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene sotto i 50 bpm oppure se persistono i sintomi di bradicardia nonostante la riduzione della dose.
Trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica
Il trattamento deve essere iniziato solo nei pazienti con insufficienza cardiaca stabile. Si raccomanda che il medico curante abbia esperienza nel trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica. La dose iniziale abituale raccomandata di ivabradina è di 5 mg due volte al giorno. Dopo due settimane di trattamento, la dose può essere aumentata a 7,5 mg due volte al giorno, se la frequenza cardiaca a riposo si mantiene continuativamente sopra i 60 bpm, o diminuita a 2,5 mg due volte al giorno (mezza compressa da 5 mg due volte al giorno) se la frequenza cardiaca a riposo si mantiene continuativamente sotto i 50 bpm o in caso di sintomi correlati a bradicardia quali capogiro, affaticamento o ipotensione. Se la frequenza cardiaca è compresa tra 50 e 60 bpm, si deve mantenere la dose di 5 mg due volte al giorno.
Se durante il trattamento la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 battiti al minuto (bpm) oppure se il paziente riferisce sintomi collegati a bradicardia, il dosaggio deve essere ridotto alla dose successiva più bassa nei pazienti che ricevono 7,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno. Se la frequenza cardiaca aumenta continuativamente sopra i 60 battiti al minuto a riposo, la dose può essere titolata alla dose successiva più elevata nei pazienti che assumono 2,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno.
Il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene sotto i 50 bpm oppure se persistono i sintomi di bradicardia (vedere paragrafo 4.4).
Popolazioni particolari
Pazienti anziani
Nei pazienti con età superiore o uguale a 75 anni, deve essere presa in considerazione una dose iniziale più bassa (2,5 mg due volte al giorno, cioè mezza compressa da 5 mg due volte al giorno) prima di un aumento della dose, se necessario.
Pazienti con insufficienza renale
Non è necessario alcun adattamento della dose nei pazienti con insufficienza renale e clearance della creatinina superiore a 15 ml/min (vedere paragrafo 5.2).
Non sono disponibili dati in pazienti con clearance della creatinina inferiore a 15 ml/min. L’ivabradina deve perciò essere usata con prudenza in questo gruppo di pazienti.
Pazienti con insufficienza epatica
Non è necessario alcun adattamento della dose nei pazienti con lieve insufficienza epatica. E’ necessario usare cautela quando l’ivabradina è prescritta ai pazienti con moderata insufficienza epatica. L’ivabradina è controindicata nei pazienti con grave insufficienza epatica poiché non è stata studiata in questo gruppo di pazienti e si prevede un ampio aumento nella concentrazione sistemica (vedere paragrafi 4.3 e 4.5).
Popolazione pediatrica
La sicurezza e l’efficacia di ivabradina nel trattamento dell’insufficienza cardiaca cronica nei bambini di età inferiore ai 18 anni non sono state stabilite.
I dati disponibili sono riportati nei paragrafi 5.1 e 5.2, ma non può essere fatta alcuna raccomandazione sulla posologia..
Modo di somministrazione
Le compresse devono essere assunte per via orale 2 volte al giorno, ovvero una la mattina e una la sera, durante i pasti (vedere paragrafo 5.2).
Avvertenze speciali
Assenza di benefici negli esiti clinici in pazienti con angina pectoris cronica stabile sintomatica
Ivabradina è indicata solo per il trattamento sintomatico dell’angina pectoris cronica stabile in quanto ivabradina non ha mostrato benefici sugli esiti cardiovascolari (ad esempio, infarto del miocardio o morte cardiovascolare) (vedere paragrafo 5.1).
Misurazione delle frequenza cardiaca
Dato che la frequenza cardiaca può fluttuare considerabilmente nel tempo, quando si determina la frequenza cardiaca prima di iniziare il trattamento con ivabradina e quando si prende in considerazione una titolazione del dosaggio in pazienti in trattamento con ivabradina, devono essere valutate ripetute misurazioni della frequenza cardiaca, un ECG o un monitoraggio ambulatoriale nelle 24 ore. Quanto sopra si applica anche ai pazienti con una bassa frequenza cardiaca, in particolare quando la frequenza cardiaca diminuisce sotto i 50 bpm, o dopo una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.2)
Aritmie cardiache
L’ivabradina non è efficace nel trattamento o nella prevenzione di aritmie cardiache e verosimilmente perde la sua efficacia quando insorge una tachiaritmia (ovvero una tachicardia ventricolare o sopraventricolare). L’ivabradina non è pertanto raccomandata nei pazienti con fibrillazione atriale o altre aritmie cardiache che interferiscono con la funzione del nodo senoatriale.
Nei pazienti trattati con ivabradina, il rischio di sviluppare fibrillazione atriale è aumentato (vedere paragrafo 4.8). La fibrillazione atriale è stata riportata più comunemente nei pazienti che assumono contemporaneamente amiodarone o potenti antiaritmici di classe I.
Si raccomanda di effettuare regolarmente controlli clinici nei pazienti trattati con ivabradina per verificare l’eventuale comparsa di fibrillazione atriale (prolungata o parossistica). Questi controlli devono includere anche un monitoraggio ECG, se clinicamente indicato (ad esempio, nel caso di aggravamento dell’angina, palpitazioni, pulsazioni irregolari).
I pazienti devono essere informati dei segni e sintomi della fibrillazione atriale e devono essere avvisati di contattare il medico qualora questi segni e sintomi si manifestassero. Se si sviluppa fibrillazione atriale durante il trattamento, deve essere attentamente riconsiderato il rapporto tra i benefici e i rischi della continuazione del trattamento con ivabradina. I pazienti con insufficienza cardiaca cronica che presentano difetti della conduzione intraventricolare (blocco di branca sinistro, blocco di branca destro) e dissincronia ventricolare devono essere monitorati attentamente.
Uso in pazienti con blocco AV di secondo grado
L’ivabradina non è raccomandata in pazienti con blocco AV di secondo grado.
Uso in pazienti con ridotta frequenza cardiaca
L’ivabradina non deve essere somministrata a pazienti con frequenza cardiaca a riposo, prima del trattamento, inferiore a 70 battiti al minuto (vedere paragrafo 4.3).
Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 bpm o se il paziente riferisce sintomi legati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, la dose deve essere ridotta, oppure il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene al di sotto di 50 bpm o se persistono i sintomi dovuti alla bradicardia (vedere paragrafo 4.2).
Combinazione con calcioantagonisti
L’uso combinato dell’ivabradina con calcioantagonisti che riducono la frequenza cardiaca come il verapamile o il diltiazem è controindicato (vedere paragrafi 4.3 e 4.5). Non è emerso alcun problema in termini di sicurezza dalla combinazione dell’ivabradina con nitrati e con i calcioantagonisti di tipo diidropiridinico come l’amlodipina. Non è stata dimostrata un’efficacia aggiuntiva dell’ivabradina in associazione con i calcioantagonisti di tipo diidropiridinico (vedere paragrafo 5.1).
Insufficienza cardiaca cronica
L’insufficienza cardiaca deve essere stabile prima di considerare il trattamento con ivabradina. Ivabradina deve essere utilizzata con cautela nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca in classe funzionale NYHA IV, poiché sono disponibili dati limitati in questa popolazione.
Ictus
L’uso dell’ivabradina non è raccomandato subito dopo un ictus poiché non vi sono dati disponibili.
Funzione visiva
L’ivabradina influenza la funzione retinica (vedere paragrafo 5.1). Ad oggi, non vi è evidenza di un effetto tossico dell’ivabradina sulla retina, tuttavia al momento non si conoscono gli effetti sulla funzione retinica di un trattamento a lungo termine di durata superiore ad un anno. Deve essere valutata l’interruzione del trattamento nel caso intervengano imprevisti aggravamenti della funzione visiva. E’ necessario usare cautela nei pazienti con retinite pigmentosa.
Precauzioni di impiego
Pazienti con ipotensione
Sono disponibili dati limitati nei pazienti con ipotensione da lieve a moderata, e pertanto l’ivabradina deve essere usata con cautela in questi pazienti. L’ivabradina è contro–indicata in pazienti con ipotensione grave (pressione sanguigna < 90/50 mmHg) (vedere paragrafo 4.3).
Fibrillazione atriale – Aritmie cardiache
Non vi è evidenza di rischio di (eccessiva) bradicardia al ritorno al ritmo sinusale quando viene intrapresa una cardioversione farmacologica in pazienti in trattamento con ivabradina. Comunque, in assenza di dati esaurienti, una cardioversione elettrica (DC) non urgente dovrebbe essere presa in considerazione 24 ore dopo l’ultima assunzione di ivabradina.
Uso in pazienti con sindrome congenita del QT lungo o trattati con medicinali che prolungano il QT
L’uso dell’ivabradina in pazienti con sindrome congenita del QT lungo o trattati con medicinali che prolungano il QT deve essere evitato (vedere paragrafo 4.5). Se l’associazione risulta necessaria, si dovrà attuare un attento monitoraggio cardiaco.
La riduzione della frequenza cardiaca, come quella causata da ivabradina, può esacerbare il prolungamento dell’intervallo QT, che può dar luogo a gravi aritmie, ed in particolare Torsioni di punta.
Pazienti ipertesi che necessitano di modifiche del trattamento antipertensivo
Nello studio SHIFT più pazienti hanno riferito episodi di aumento della pressione sanguigna mentre erano in trattamento con ivabradina (7,1%) rispetto ai pazienti trattati con placebo (6,1%). Questi episodi si sono verificati più frequentemente poco dopo che il trattamento antipertensivo è stato modificato, erano transitori, e non hanno influenzato l’effetto del trattamento con ivabradina. Quando vengono effettuate modifiche del trattamento a pazienti affetti da insufficienza cardiaca cronica in trattamento con ivabradina, la pressione sanguigna deve essere monitorata dopo un appropriato intervallo di tempo (vedere paragrafo 4.8).
Eccipienti
Poiché le compresse contengono lattosio, i pazienti con rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, carenza di Lapp lattasi o malassorbimento di glucosio–galattosio non devono assumere questo medicinale.
Donne in età fertile
Le donne in età fertile devono utilizzare appropriate misure contraccettive durante il trattamento (vedere paragrafo 4.3).
Gravidanza
I dati relativi all’uso di ivabradina in donne in gravidanza non esistono o sono in numero limitato. Gli studi sugli animali hanno mostrato una tossicità riproduttiva. Questi studi hanno mostrato effetti embriotossici e teratogeni (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto. Pertanto, ivabradina è controindicata durante la gravidanza (vedere paragrafo 4.3).
Allattamento
Gli studi su animali indicano che l’ivabradina è escreta nel latte. Pertanto, l’ivabradina è controindicata durante l’allattamento (vedere paragrafo 4.3).
Le donne che necessitano del trattamento con ivabradina devono interrompere l’allattamento con latte materno e scegliere un metodo di nutrizione alternativo per il bambino.
Fertilità
Gli studi sui ratti non hanno mostrato effetti sulla fertilità di maschi e femmine (vedere paragrafo 5.3).
Riassunto del profilo di sicurezza
Ivabradina è stata studiata in sperimentazioni cliniche che hanno coinvolto quasi45.000 pazienti. Le reazioni avverse più comuni osservate con l’ivabradina, fenomeni luminosi (fosfeni) e bradicardia, sono dose–dipendenti e sono correlate con l’effetto farmacologico della specialità medicinale.
Tabella delle reazioni avverse
Le seguenti reazioni avverse sono state osservate durante gli studi clinici e sono elencate utilizzando la seguente frequenza: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1.000, < 1/100); raro (≥1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili):
Classificazione sistemica organica | Frequenza | Termine di riferimento |
Patologie del sistema emolinfopoietico | Non comune | Eosinofilia |
Disturbi del metabolismo e della nutrizione | Non comune | Iperuricemia |
Patologie del sistema nervoso | Comune | Cefalea, generalmente durante il primo mese di trattamento |
Capogiri, forse in relazione alla bradicardia | ||
Non comune* | Sincope, forse in relazione alla bradicardia | |
Patologie dell’occhio | Molto comune | Fenomeni luminosi (fosfeni) |
Comune | Visione sfocata | |
Non comune* | Diplopia | |
Indebolimento della funzione visiva | ||
Patologie dell’orecchio e del labirinto | Non comune | Vertigini |
Patologie cardiache | Comune | Bradicardia |
Blocco AV di 1° grado (prolungamento dell’intervallo PQ all’ECG) | ||
Extrasistoli ventricolari | ||
Fibrillazione atriale | ||
Non comune | Palpitazioni, extrasistoli sopraventricolari | |
Molto raro | ||
Blocco AV di 2° grado, blocco AV di 3° grado | ||
Sindrome del nodo del seno | ||
Patologie vascolari | Comune | Pressione sanguigna non controllata |
Non comune* | Ipotensione, forse in relazione alla bradicardia | |
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche | Non comune | Dispnea |
Patologie gastrointestinali | Non comune | Nausea |
Costipazione | ||
Diarrea | ||
Dolore addominale* | ||
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo | Non comune* | Angioedema |
Rash | ||
Raro* | Eritema | |
Prurito | ||
Orticaria | ||
Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo | Non comune | Crampi muscolari |
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione | Non comune* | Astenia, forse in relazione alla bradicardia |
Affaticamento, forse in relazione alla bradicardia | ||
Raro* | Malessere, forse in relazione alla bradicardia | |
Esami diagnostici | Non comune | Elevata creatininemia Prolungamento dell’intervallo QT all’ECG |
* Frequenza calcolata dagli studi clinici per gli eventi avversi riportati da segnalazioni spontanee
Descrizione delle reazioni avverse selezionate
I fenomeni luminosi (fosfeni) sono stati riferiti dal 14,5% dei pazienti, descritti come un’aumentata luminosità transitoria in un’area limitata del campo visivo. Solitamente sono scatenati da improvvise variazioni dell’intensità della luce. I fosfeni possono anche essere descritti come un alone, una scomposizione dell’immagine (effetti stroboscopici o caleidoscopici), intense luci colorate o immagini multiple (persistenza retinica). La comparsa dei fosfeni si manifesta generalmente entro i primi due mesi di terapia, dopodiché possono verificarsi ripetutamente.
I fosfeni sono generalmente riportati come di lieve o moderata intensità. Tutti i fosfeni si sono risolti durante o dopo il trattamento e la maggioranza (77,5%) si è risolta durante il trattamento. Meno dell’1% dei pazienti ha cambiato le proprie abitudini quotidiane o ha dovuto interrompere il trattamento a causa dei fosfeni.
La bradicardia è stata riferita dal 3,3% dei pazienti, soprattutto durante i primi 2–3 mesi dall’inizio del trattamento. Lo 0,5% dei pazienti ha avuto una grave bradicardia con frequenza cardiaca inferiore o uguale a 40 bpm.
Nello studio SIGNIFY, è stata osservata fibrillazione atriale nel 5,3% dei pazienti che assumevano ivabradina in confronto al 3,8% dei pazienti del gruppo placebo. In una pooled analysis di tutti gli studi clinici di fase II/III in doppio cieco controllati della durata di almeno tre mesi, che ha incluso più di 40.000 pazienti, l’incidenza di fibrillazione atriale è stata del 4,86% nei pazienti trattati con ivabradina, in confronto al 4,08% del gruppo di controllo, che corrisponde ad un hazard ratio dell’1,26, 95% CI [1,15 – 1,39].
Segnalazione delle reazioni avverse sospette
La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione.
Nucleo
Lattosio monoidrato
Magnesio stearato (E470B)
Amido di mais
Maltodestrina
Silice colloidale anidra (E551)
Film di rivestimento
Ipromellosa (E464)
Titanio diossido (E171)
Macrogol 6000
Glicerolo (E422)
Magnesio stearato (E470B)
Ossido di ferro giallo (E172)
Ossido di ferro rosso (E172)
Questo medicinale non richiede alcuna condizione particolare di conservazione.