Clindamicina ibi (I.b.i.giovanni lorenzini spa)

Soluzione iniettabile im ev f 600mg

da4.55 €
Principio attivo:Clindamicina fosfato
Gruppo terapeutico:Macrolidi, lincosamidi e streptogramine
Tipo di farmaco:Farmaco etico
Rimborsabilità:A
Ricetta:Rr - ripetibile 10v in 6mesi
GlucosioNon presente
GlutineNon presente
LattosioPresente



FOGLIETTO ILLUSTRATIVO
Indicazioni terapeutiche
  • stafilococchi
  • streptococchi
  • pneumococchi
  • infezioni ginecologiche
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    Posologia

    Posologia

    La posologia e la via di somministrazione devono essere determinate dalla gravità dell’infezione, dalle condizioni del paziente e dalla sensibilità del microrganismo responsabile.

    Popolazione pediatrica

    Al di sopra dei due anni di età somministrazione per via intramuscolare profonda o per fleboclisi

    Infezioni gravi: 15 – 25 mg/kg/die suddivisi in 3 – 4 somministrazioni.

    Infezioni gravissime: 25 – 40 mg/kg/die suddivisi in 3–4 somministrazioni.

    Il dosaggio da somministrare ai bambini può in alternativa essere valutato in base alla superficie corporea: 350 mg/m²/die per le infezioni gravi e 450 mg/m²/die per le infezioni gravissime.

    Se si dovesse manifestare una diarrea grave sospendere l’antibiotico.

    Adulti

    Somministrazione per via intramuscolare profonda o per fleboclisi.

    Infezioni gravi da cocchi aerobi gram–positivi e anaerobi più sensibili (generalmente non sono inclusi il Bacteroides fragilis, i Peptococchi ed i Clostridi diversi dal Clostridium perfringens): 600 – 1200 mg / die suddivisi in due, tre o quattro somministrazioni.

    Infezioni gravissime: particolarmente quelle dovute ad accertato o sospetto Bacterioides fragilis, Peptococchi o Clostridi diversi dai Clostridium perfringens: 1200 – 2700 mg / die suddivisi in due, tre o quattro somministrazioni.

    Questi dosaggi se il caso lo richiede possono essere aumentati fino a 4800 mg / die da somministrare per flebo in quelle infezioni che possono compromettere la vita del paziente.

    Modo di somministrazione

    Non somministrare per via intramuscolare dosi singole superiori a 600 mg di Clindamicina Ibi.

    La clindamicina non deve essere iniettata per via endovenosa sotto forma di bolo non diluito, ma deve essere infusa in un periodo di almeno 10 – 60 minuti.

    Il medicinale può essere somministrato per la prima volta mediante fleboclisi rapida e successivamente mediante fleboclisi lenta secondo il seguente schema:

    Per ottenere concentrazioni ematiche di clindamicina superiori a Iniziare con fleboclisi rapida di Indi continuare con
    4 mcg / ml 10 mg/min x 30’ 0,75 mg/min
    5 mcg / ml 15 mg/min x 30’ 1,00 mg/min
    6 mcg / ml 20 mg/min x 30’ 1,25 mg/min

    Nella malattia infiammatoria pelvica: 900 mg ogni 8 ore per via endovenosa in associazione ad un appropriato antibiotico attivo sugli aerobi gram negativi.

    Continuare la terapia per almeno 4 giorni e comunque per 48 ore dopo che si è osservato un miglioramento nella paziente.

    Toxoplasmosi cerebrale in pazienti immunodeficienti ad alto rischio: 600 – 1200 mg di clindamicina per via endovenosa ogni 6 ore per 2 settimane, proseguire il trattamento con preparazioni per via orale fino a 8–10 settimane.

    Polmonite da Pneumocystis carinii in pazienti immunodeficienti ad alto rischio: 600 mg di clindamicina per via endovenosa ogni 6 ore, somministrata per 21 giorni, e 15–30 mg di primachina somministrata per os 1 volta al giorno per 21 giorni.

    Diluizione e velocità di somministrazione

    Non somministrare per via intramuscolare dosi singole superiori a 600 mg. La concentrazione di clindamicina nel diluente per infusione non deve superare 12 mg/ml e la velocità di infusione non deve superare 30 mg al minuto. La somministrazione di clindamicina mediante fleboclisi va effettuata secondo lo schema seguente:

    Dose Diluire in Tempo di somministrazione
    300 mg 50 ml 10 minuti
    600 mg 50 ml 20 minuti
    900 mg 100 ml 30 minuti
    1200 mg 100 ml 40 – 60 minuti

    Si raccomanda di non somministrare più di 1200 mg in una singola infusione della durata di un’ora.

    Controindicazioni
  • ipersensibilità al principio attivo
  • chinoloni
  • clindamicina
  • lincomicina
  • componenti del prodotto
  • prematuri
  • neonati
  • bambini al di sotto dei due anni
  • gravidanza
  • allattamento
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    Interazioni
  • clindamicina
  • tubocurarina
  • pancuronio
  • eritromicina
  • metronidazolo
  • gentamicina
  • lincomicina
  • warfarin
  • vitamina
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    Avvertenze

    Il suo impiego deve essere riservato ai pazienti allergici alla penicillina o ai pazienti per i quali a giudizio del medico la penicillina non sia indicata.

    La clindamicina si è dimostrata efficace nel trattamento di infezioni da stafilococchi resistenti ad altri antibiotici; prima dell’impiego è necessario tuttavia eseguire opportuni test microbiologici al fine di stabilire la sensibilità in vitro dei germi verso l’antibiotico.

    Per la possibilità di coliti prima di prescrivere la clindamicina il medico deve valutare la natura dell’infezione e la possibilità di impiego di farmaci meno tossici.

    La soluzione iniettabile di clindamicina fosfato contiene alcool benzilico (10 mg/ml) come conservante.

    L’impiego dell’alcool benzilico è stato associato a "Gasping Sindrome " con esito fatale in bambini prematuri e neonati. L’ alcool benzilico può causare reazioni tossiche e anafilattoidi in neonati e bambini fino ai 3 anni di età. Non è nota la quantità di alcool benzilico alla quale si può manifestare la tossicità.

    Il rischio di tossicità da alcool benzilico dipende dalla quantità somministrata e dalla capacità epatica di eliminare la sostanza. Nei neonati prematuri sottopeso può esservi maggiore probabilita di sviluppare tossicità.

    A seguito della somministrazione di clindamicina fosfato sono stati segnalati casi di diarrea di modesta entità che possono regredire alla semplice sospensione della terapia. Sono anche stati riportati alcuni casi di diarrea persistente e grave. In concomitanza alla diarrea è stata riscontrata a volte la presenza di sangue e muco nelle feci che in qualche caso è esitata in colite acuta anche ad esito infausto.

    Coliti antibiotico dipendenti possono insorgere durante la somministrazione od anche dopo due o tre settimane dalla fine della terapia.

    Per la possibilità di coliti, il medico prima di prescrivere la clindamicina, deve valutare la natura dell’infezione e la possibilità di impiego di farmaci meno tossici.

    Il trattamento con gli antibiotici altera la normale flora del colon e porta a una crescita eccessiva di Clostridium difficile. Ciò è stato riferito con l’uso di quasi tutti gli antibiotici, compresa la clindamicina. Il Clostridium difficile produce le tossine A e B che contribuiscono allo sviluppo della diarrea associata a Clostridium difficile (CDAD) ed è una causa primaria di "colite da antibiotici".

    È necessaria un’attenta anamnesi poiché i casi di diarrea associata a C. difficile sono stati segnalati anche oltre due mesi dopo la somministrazione di antibiotici.

    Nei pazienti che presentano diarrea dopo somministrazione di antibiotici è importante prendere in

    considerazione la diagnosi di CDAD. Essa può evolvere in colite, compresa la colite pseudo membranosa (vedere paragrafo 4.8), la cui gravità può variare da colite lieve a fatale.

    Se si sospetta o viene confermata la presenza di diarrea da antibiotici o di colite da antibiotici, si deve interrompere il trattamento in corso con antibiotici, compresa la clindamicina, e si devono prendere immediatamente provvedimenti terapeutici adeguati. In questa situazione sono controindicati i farmaci che inibiscono la peristalsi.

    Dagli studi è emerso che una delle cause primarie delle coliti antibiotico dipendenti è rappresentata da una tossina prodotta dai clostridia. La colite è usualmente caratterizzata da grave e persistente diarrea con crampi addominali e può esservi presenza di sangue e muco nelle feci. La colite se non è diagnosticata e trattata tempestivamente può evolvere a peritonite, shock e megacolon tossico.

    L’esame endoscopico può rivelare colite pseudomembranosa. Se esiste un sospetto di colite si raccomanda un esame rectosigmoidoscopico.

    La presenza di colite può essere ulteriormente confermata dall’esame colturale delle feci per il Clostridium difficile in un media selettivo e dal saggio per la tossina del C. difficile.

    I casi di colite lieve possono risolversi spontaneamente con l’interruzione della somministrazione di clindamicina. I casi di colite moderata o grave devono essere trattati prontamente con somministrazioni di soluzioni di elettroliti e proteine.

    Gli antiperistaltici, gli oppiacei e il difenossilato più atropina possono prolungare e/o peggiorare le condizioni.

    La vancomicina è risultata efficace nel trattamento delle coliti pseudomembranose antibiotico dipendenti prodotte dal Clostridium difficile. Il dosaggio per gli adulti è da 500 mg a 2 grammi/die di vancomicina per via orale suddivisa in tre–quattro somministrazioni per un periodo di 7 – 10 giorni.

    Sono stati descritti alcuni rari casi di tachicardia dopo trattamento con vancomicina.

    La colestiramina si lega alla tossina in vitro, però questa resina si lega anche alla vancomicina. Pertanto nel caso di somministrazione contemporanea di colestiramina e vancomicina è consigliabile somministrare ciascun farmaco a orari diversi.

    I dati finora disponibili mettono in luce che i pazienti anziani e/o gravemente ammalati tollerano meno bene la diarrea; qualora questi pazienti dovessero essere trattati con clindamicina occorre prestare particolare attenzione alle variazioni della frequenza delle evacuazioni.

    La clindamicina fosfato deve essere prescritta con cautela ad individui con anamnesi positiva per malattie gastrointestinali e particolarmente coliti ed agli individui atopici. L’uso di antibiotici, compresa clindamicina fosfato, può provocare lo sviluppo di germi resistenti, in particolare lieviti.

    Qualora dovesse manifestarsi una superinfezione intraprendere le misure terapeutiche adeguate.

    Durante una terapia prolungata si devono effettuare esami periodici della funzionalità epatica e renale ed esami emocromocitometrici.

    L’emivita del farmaco è risultata solo lievemente modificata negli epato–nefro pazienti. Pertanto nelle affezioni epatiche e renali di lieve o media gravità non è necessaria di norma una riduzione della dose che può essere richiesta nei casi di grave deterioramento della funzione del fegato e del rene.

    La clindamicina ha mostrato di possedere proprietà di blocco neuromuscolare che possono potenziare l’effetto di farmaci specifici per questa azione; particolare cautela va quindi osservata nell’impiego della clindamicina in associazione a questi farmaci.

    È stato dimostrato antagonismo in vitro tra la clindamicina e l’eritromicina che quindi non andrebbero somministrate contemporaneamente.

    Non si raggiungono livelli significativi di clindamicina nel liquido cefalorachidiano, pertanto il farmaco non deve essere impiegato per il trattamento delle meningiti.

    La clindamicina non deve essere iniettata per via endovenosa sotto forma di bolo non diluito, ma deve essere infusa in un periodo di almeno 10 – 60 minuti.

    Informazioni importanti su alcuni eccipienti

    Clindamicina Ibi contiene alcol benzilico (vedere paragrafo 4.3 e 4.6).

    Ogni fiala di Clindamicina Ibi contiene 7,76 mg di sodio, pertanto questo dato deve essere preso in considerazione in quei pazienti che seguono una dieta iposodica.

    Gravidanza

    Gravidanza

    Gli studi sulla tossicità riproduttiva condotti su ratti e conigli a seguito di somministrazione per via orale e sottocutanea non hanno mostrato segni di compromissione della fertilità o di danni al feto causati dalla clindamicina, se non a dosi tali da indurre tossicità nella madre. Non sempre gli studi sulla riproduzione negli animali sono predittivi della risposta nella specie umana.

    Nella specie umana la clindamicina attraversa la placenta. Dopo dosi ripetute, le concentrazioni nel liquido amniotico sono risultate pari al 30% circa delle concentrazioni nel sangue materno.

    Negli studi clinici su donne in gravidanza, la somministrazione sistemica di clindamicina nel secondo e nel terzo trimestre non è risultata associata a un aumento della frequenza delle anomalie congenite. Non esistono studi adeguati e ben controllati su donne nel primo trimestre di gravidanza.

    In gravidanza la clindamicina deve essere utilizzata solo se strettamente necessaria (vedere paragrafo 4.4).

    L’alcol benzilico può attraversare la placenta (vedere paragrafo 4.3).

    Allattamento

    La clindamicina somministrata per via orale e parenterale è stata rinvenuta nel latte materno in concentrazioni comprese tra 0,7 e 3,8 mcg/ml. A causa delle possibili reazioni avverse serie nei bambini allattati al seno, le donne che allattano non devono assumere la clindamicina.

    Fertilità

    Gli studi sulla fertilità nei ratti trattati con clindamicina per via orale non hanno mostrato effetti sulla fertilità o sulla capacità riproduttiva.

    Clindamicina Ibi è controindicato nelle donne in gravidanza o durante l’allattamento.

    Effetti Collaterali

    La seguente tabella presenta le reazioni avverse individuate attraverso gli studi clinici e la sorveglianza postmarketing, ordinate in base alla classificazione per sistemi e organi e alla frequenza. Le reazioni avverse individuate attraverso l’esperienza post–marketing sono riportate in corsivo. I gruppi di frequenza sono definiti in base alla seguente convenzione:

    Molto comune (≥1/10)

    Comune (≥1/100 e <1/10)

    Non comune (≥1/1.000 e <1/100)

    Raro (≥1/10.000 e <1/1.000)

    Molto raro (<1/10.000)

    Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).

    All’interno di ogni gruppo di frequenza gli effetti indesiderati vengono presentati in ordine decrescente di gravità.

    Classificazione per sistemi e organi Molto comune Comune Non comune Raro Molto raro Non nota
    Infezioni ed infestazioni           infezione della vagina
    Patologie del sistema emolinfopoietico           agranulocitosi, leucopenia, neutropenia, trombocitopenia, eosinofilia
    Disturbi del sistema immunitario           reazione anafilattoide, reazione da farmaci con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS)
    Patologie del sistema nervoso     disgeusia      
    Patologie cardiache     arresto cardio–respiratorio ipotensione      
    Patologie vascolari   tromboflebiti        
    Patologie gastrointestinali   colite pseudomembranosa (vedere par. 4.4) diarrea, nausea     dolore addominale, vomito
    Patologie epatobiliari   test di funzionalità epatica alterati       ittero
    Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo   rash maculo–papulare eritema multiforme, prurito, orticaria     necrolisi epidermica tossica, sindrome di stevens – johnson, pustolosi esantematica acuta generalizzata (AGEP), dermatite esfoliativa, dermatite bollosa, esantema morbilliforme
    Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione     dolore, ascesso     irritazione in sede di iniezione

    A seguito di somministrazione di clindamicina sono stati segnalati anche ittero ed alterazioni della funzionalità epatica. Sebbene non sia stata stabilita una causa diretta è stata osservata in rare occasioni disfunzione renale con aumento dell’azotemia, oliguria e/o proteinuria. È stata osservata tromboflebite dopo somministrazione endovenosa che può essere evitata evitando la somministrazione per endovena (somministrare mediante fleboclisi).

    Esantemi maculopapulosi, orticaria ed esantemi morbilliformi generalizzati (che sono tra le reazioni collaterali più frequenti), rari casi di eritema multiforme, alcuni tipo sindrome di Stevens–Johnson e di reazioni anafilattoidi. Qualora si verifichi uno di questi effetti collaterali la terapia con clindamicina deve essere sospesa; se le reazioni sono gravi trattarle come di consueto (adrenalina, corticosteroidi, antistaminici).

    Segnalazione delle reazioni avverse sospette.

    La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili.

    Eccipienti

    Alcol benzilico, sodio idrato, EDTA, acqua p.p.i.

    Conservazione

    Conservare a temperatura non superiore a 25° C.