Clindamicina hik (Hikma italia spa)

Soluzione iniettabile 5f 600mg/4ml

da20.68 €
Principio attivo:Clindamicina fosfato
Gruppo terapeutico:Macrolidi, lincosamidi e streptogramine
Tipo di farmaco:Farmaco generico
Rimborsabilità:A
Ricetta:Rr - ripetibile 10v in 6mesi
GlucosioNon presente
GlutineNon presente
LattosioPresente



FOGLIETTO ILLUSTRATIVO
Indicazioni terapeutiche
  • stafilococchi
  • streptococchi
  • pneumococchi
  • infezioni ginecologiche
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    Posologia

    La posologia e la via di somministrazione devono essere determinate dalla gravità dell’infezione, dalle condizioni del paziente e dalla sensibilità del microrganismo responsabile.

    Adulti : somministrazione per via intramuscolare profonda o per fleboclisi.

    Infezioni gravi da cocchi aerobi Gram–positivi e anaerobi più sensibili (generalmente non sono inclusi il Bacteroides fragilis, i Peptococchi ed i Clostridi diversi dal Clostridium perfringens): 600–1200 mg/die suddivisi in due, tre o quattro somministrazioni.

    Infezioni gravissime, particolarmente quelle dovute ad accertato o sospetto Bacteroides fragilis, Peptococchi o Clostridi diversi dai Clostridium perfringens: 1200–2700 mg/die suddivisi in due, tre o quattro somministrazioni.

    Questi dosaggi, se il caso lo richiede, possono essere aumentati fino a 4800 mg/die da somministrare per flebo in quelle infezioni che possono compromettere la vita del paziente.

    Non somministrare per via intramuscolare dosi singole superiori a 600 mg.

    Clindamicina Fosfato Hikma non deve essere iniettato per via endovenosa sotto forma di bolo non diluito, ma deve essere infuso in un periodo di almeno 10–60 minuti.

    Il farmaco può essere somministrato per la prima volta mediante fleboclisi rapida e successivamente mediante fleboclisi lenta secondo lo schema seguente:

    per mantenere concentrazioni ematiche di clindamicina superiori a iniziare con fleboclisi rapida di indi continuare con:
    4 mcg/ml 10 mg/min per 30’ 0,75 mg/min.
    5 mcg/ml 15 mg/min per 30’ 1,00 mg/min.
    6 mcg/ml 20 mg/min per 30’ 1,25 mg/min.

    Nella malattia infiammatoria pelvica: 900 mg per ogni 8 ore per via endovenosa in associazione ad un appropriato antibiotico attivo sugli aerobi gram negativi. Continuare la terapia per almeno 4 giorni e, comunque, per 48 ore dopo che si è osservato un miglioramento nella paziente.

    Toxoplasmosi cerebrale in pazienti immunodeficienti ad alto rischio: 600–1200 mg di clindamicina fosfato per via endovenosa.

    Polmonite da Pneumocystis carinii in pazienti immunodeficienti ad alto rischio: clindamicina fosfato per via endovenosa 600 mg ogni 6 ore o 900 mg ogni 8 ore.

    Bambini : al di sopra dei due anni di età, somministrazione per via intramuscolare profonda o per fleboclisi.

    Infezioni gravi: 15–25 mg/kg/die suddivisi in 3–4 somministrazioni.

    Infezioni gravissime: 25–40 mg/Kg/die suddivisi in 3–4 somministrazioni.

    Il dosaggio da somministrare ai bambini può, in alternativa, essere valutato in base alla superficie corporea: 350 mg/m²/die per le infezioni gravi e 450 mg/m²/die per le infezioni gravissime.

    Se si dovesse manifestare una grave diarrea, sospendere l’antibiotico.

    In caso di infezioni da streptococco beta–emolitico, continuare il trattamento per almeno 10 giorni.

    Diluizione e velocità di somministrazione

    Non somministrare per via intramuscolare dosi singole superiori a 600 mg. La concentrazione di clindamicina nel diluente per infusione non deve superare 18 mg/ml e la velocità di infusione non deve superare 30 mg al minuto. La somministrazione di Clindamicina Fosfato Hikma mediante fleboclisi va effettuata secondo lo schema seguente:

    dose diluire in tempo di somministrazione
    300 mg 50 ml 10 minuti
    600 mg 50 ml 20 minuti
    900 mg 50 –100 ml 30 minuti
    1200 mg 100 ml 40 minuti

    Si raccomanda di non somministrare più di 1200 mg in una singola infusione della durata di un’ora.

    Compatibilità

    Clindamicina Fosfato è risultata fisicamente e chimicamente compatibile per almeno 24 ore, in soluzioni iniettabili di destrosio al 5% e cloruro di sodio 0,9% contenente i seguenti antibiotici nelle concentrazioni comunemente impiegate: amikacina, aztreonam, cefamandolo, cefazolina, cefotaxima, cefoxitina, ceftazidima, ceftizoxima, gentamicina, netilmicina, piperacillina e tobramicina.

    La compatibilità e la durata di stabilità delle miscele di farmaci variano in funzione della concentrazione e di altre condizioni.

    E’ invece incompatibile con ampicillina, difenilidantoina, barbiturici, aminofillina, solfato di magnesio e gluconato di calcio.

    Controindicazioni
  • lincomicina
  • componenti della formulazione
  • allattamento
  • prematuri
  • neonati
  • clindamicina
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    Interazioni
  • clindamicina
  • agenti
  • tubocurarina
  • pancuronio
  • eritromicina
  • metronidazolo
  • gentamicina
  • lincomicina
  • zidovudina
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    Avvertenze

    L’impiego della Clindamicina deve essere riservato ai pazienti allergici alla penicillina o a pazienti per i quali, a giudizio del Medico, la penicillina non sia indicata.

    Per la possibilità di coliti, il Medico prima di prescrivere la clindamicina, deve valutare la natura dell’infezione e la possibilità di impiego di farmaci meno tossici.

    La formulazione iniettabile di clindamicina fosfato contiene alcool benzilico (9,45 mg/ml).

    L’alcool benzilico è stato segnalato essere associato a "Sindrome di Gasping" nei neonati prematuri.

    L’alcool benzilico può causare reazioni tossiche e reazioni anafilattiche nei neonati e nei bambini fino ai 3 anni di età.

    Il quantitativo di benzil alcool in corrispondenza del quale si può verificare tossicità non è noto.

    A seguito della somministrazione di Clindamicina Fosfato sono stati segnalati casi di diarrea di modesta entità che possono regredire alla semplice sospensione della terapia. Sono anche stati riportati alcuni casi di diarrea persistente e grave.

    Il trattamento con agenti antibatterici altera la normale flora batterica del colon portando ad una crescita di Clostridium difficile. Questo evento è stato segnalato con l’uso di quasi tutti gli agenti antibatterici, inclusa la clindamicina. Il Clostridium difficile produce tossine A e B che contribuiscono allo sviluppo di diarrea associata a Clostridium difficile (CDAD) ed è una delle principali cause di "colite antibiotico–associata".

    E’ importante considerare la diagnosi di CDAD in pazienti che presentano diarrea successiva alla somministrazione di agenti antibatterici. Questo può portare a colite, inclusa colite pseudo membranosa (vedi paragrafo 4.8), che può variare da moderata a colite fatale. Se si sospetta o si conferma diarrea antibiotico–associata o colite antibiotico–associata, il trattamento in corso con agenti antibatterici, inclusa la clindamicina, deve essere interrotto e devono immediatamente essere intraprese adeguate misure terapeutiche. I farmaci che inibiscono la peristalsi sono in questi casi controindicati.

    In concomitanza alla diarrea è stata riscontrata, a volte, la presenza di sangue e muco nelle feci che in qualche caso è esitata in colite acuta anche ad esito infausto. Coliti antibiotico–dipendenti possono insorgere durante la somministrazione od anche dopo due–tre settimane dalla fine della terapia. Dagli studi è emerso che una delle cause primarie delle coliti antibiotico dipendenti è rappresentata da una tossina prodotta dai clostridia. La colite è usualmente caratterizzata da grave e persistente diarrea con crampi addominali e può esservi presenza di sangue e muco nelle feci. La colite se non è diagnosticata e trattata tempestivamente può evolvere a peritonite, shock e megacolon tossico.

    L’esame endoscopico può rivelare colite pseudomembranosa.

    Se esiste un sospetto di colite si raccomanda un esame rectosigmoidoscopico.

    La presenza di colite può essere ulteriormente confermata dall’esame colturale delle feci per il Clostridium difficile in una media selettivo e dal saggio per la tossina del C. Difficile. I casi di colite lieve possono risolversi spontaneamente con l’interruzione della somministrazione di clindamicina. I casi di colite moderata o grave devono essere trattati prontamente con somministrazioni di soluzioni di elettroliti e proteine.

    Gli antiperistaltici, gli oppiacei e il difenossilato più atropina possono prolungare e/o peggiorare le condizioni.

    La vancomicina è risultata efficace nel trattamento delle coliti pseudomembranose antibiotico–dipendenti prodotte dal Clostridium difficile.

    Il dosaggio per gli adulti è da 500 mg a 2 g/die di vancomicina per via orale suddivisa in tre–quattro somministrazioni per un periodo di 7–10 giorni.

    La colestiramina si lega alla tossina in vitro: però questa resina si lega anche alla vancomicina. Pertanto nel caso di somministrazione contemporanea di colestiramina e vancomicina è consigliabile somministrare ciascun farmaco ad orari diversi.

    Sono stati descritti alcuni rari casi di ricaduta dopo trattamento con vancomicina.

    I dati finora disponibili mettono in luce che i pazienti anziani e/o gravemente ammalati tollerano meno bene la diarrea; qualora questi pazienti dovessero essere trattati con clindamicina occorre prestare particolare attenzione alle variazioni della frequenza dell’evacuazione.

    Clindamicina Fosfato Hikma deve essere prescritto con cautela ad individui con anamnesi positiva per malattie gastro–intestinali, particolarmente coliti, ed agli individui atopici.

    Qualora dovesse manifestarsi una superinfezione intraprendere le misure terapeutiche adeguate.

    L’emivita del farmaco è risultata solo lievemente modificata negli epatonefro pazienti.

    Pertanto, nelle affezioni epatiche e renali di lieve o media gravità non è necessaria di norma una riduzione della dose che può essere richiesta nei casi di grave deterioramento della funzione del fegato e del rene.

    Dal momento che la clindamicina non diffonde adeguatamente nel fluido cerebrospinale, il farmaco non deve essere usato nel trattamento della meningite.

    Se la terapia viene prolungata, devono essere condotti test sulla funzionalità dei reni e del fegato.

    L’uso di clindamicina fosfato può portare a crescita eccessiva di microorganismi non suscettibili, in particolare di lieviti.

    Clindamicina fosfato non deve essere somministrata non diluita come bolo per endovena, ma deve essere infusa in circa 10–60 minuti secondo le istruzioni.

    Gravidanza

    Gravidanza

    Studi sulla tossicità riproduttiva orale e sub cutanea nei ratti e nei conigli non hanno evidenziato alcun dato–relativo a danno sulla fertilità o danno al feto dovuto alla clindamicina, tranne che per dosi che hanno causato tossicità materna. Studi sulla riproduzione animale non sempre sono predittivi della risposta sull’uomo.

    Nell’uomo la clindamicina attraversa la placenta. Dopo dosi multiple le concentrazioni nel liquido amniotico sono risultate approssimativamente del 30% rispetto a quelle materne.

    L’alcool benzilico può attraversare la placenta (vedi paragrafo 4.3).

    In studi clinici con donne gravide, la somministrazione sistemica di clindamicina durante il secondo ed il terzo trimestre non è risultato associato ad un aumento della frequenza di anomalie congenite. Non sono disponibili studi adeguati e ben controllati nelle donne gravide durante il primo trimestre di gravidanza.

    La clindamicina deve essere usata in gravidanza solo se chiaramente necessario.

    Allattamento

    La clindamicina somministrata per via orale e parenterale viene escreta nel latte umano in quantità che vanno da 0,7 a 3,8 mcg/ml. A causa della possibilità di reazioni avverse gravi nei neonati allattati la clindamicina non deve essere assunta da madri che allattano.

    Fertilità

    Studi sulla fertilità nei ratti trattati oralmente con clindamicina non hanno evidenziato alcun effetto sulla fertilità o la capacità riproduttiva.

    Effetti Collaterali

    A seguito di somministrazione di clindamicina sono stati segnalati i seguenti effetti indesiderati:

    – Apparato gastrointestinale: dolore addominale, nausea, vomito e diarrea (vedi "Avvertenze speciali e speciali precauzioni per l’uso"), ittero ed alterazioni della funzionalità epatica.

    – Reazioni di ipersensibilità: esantemi maculopapulosi, orticaria ed esantemi morbilliformi generalizzati (che sono tra le reazioni collaterali più frequenti); rari casi di eritema multiforme, alcuni tipo sindrome di Stevens–Johnson e di reazioni anafilattoidi. Qualora si verifichi uno di questi effetti collaterali, la terapia con clindamicina deve essere sospesa; se le reazioni sono gravi trattarle come di consueto (adrenalina, corticosteroidi, antistaminici).

    – Sistema ematopoietico: si sono verificati casi di neutropenia transitoria (leucopenia), eosinofilia, agranulocitosi e trombocitopenia in cui non era dimostrabile alcuna correlazione eziologica con la clindamicina.

    – Sistema cardiovascolare: dopo somministrazione endovenosa troppo rapida sono stati riportati rari casi di ipotensione e di arresto cardiocircolatorio.

    – Rene: sebbene non sia stata stabilita una causa diretta è stata osservata in rare occasioni disfunzione renale con aumento dell’azotemia, oliguria e/o proteinuria.

    – Reazioni locali: irritazione, dolore ed ascessi locali sono stati osservati dopo somministrazione per via intramuscolare e tromboflebite dopo somministrazione endovenosa. Queste reazioni possono essere evitate praticando le iniezioni intramuscolari profondamente nei glutei ed evitando la somministrazione per endovena (somministrazione mediante fleboclisi)

    – Cute e mucose: sono stati osservati prurito, rash cutanei, orticaria, vaginiti e rari casi di dermatite esfoliativa e bollosa.

    La tabella seguente elenca le reazioni avverse identificate attraverso esperienze su studi clinici e sorveglianza post–marketing per classe organo sistemica e per frequenza.

    Le reazioni avverse identificate da esperienze post–marketing sono inserite in differente carattere.

    Il gruppo di frequenza è definito usando la seguente convenzione: molto comune (≥ 1/10); comune (da ≥ 1/100 a < 1/10); non comune (da ≥ 1/1000 a < 1/100); raro (da ≥ 1/10.000 a < 1/1000); molto raro (< 1/10.000); non noto (non può essere stabilito sulla base dei dati disponibili). All’interno di ogni gruppo di frequenza gli effetti indesiderati sono elencati in ordine di gravità decrescente.

    Classe organo sistemica Molto comune ≥ 1/10 Comune da ≥ 1/100 a < 1/10 Non comune da ≥ 1/1000 a < 1/100 Rara da ≥ 1/10.000 a < 1/1000 Molto rara < 1/1000 Non nota (non può essere stimata dai dati disponibili)
    Infezioni ed infestazioni           Infezione vaginale
    Disturbi del sangue e del sistema linfatico           Agranulocitosi, leucopenia, neutropenia, trombocitopenia, eosinofilia
    Disturbi del sistema immunitario           Reazione anafilattica Reazione al farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS)
    Disturbi del sistema nervoso     Disgeusia      
    Disturbi cardiaci     Arresto cardio–respiratorio, ipotensione      
    Disturbi vascolari   Tromboflebiti        
    Disturbi gastrointestinali   Colite pesudomembranosa (vedi par. 4.4) Diarrea Nausea     Dolore addominale vomito
    Disturbi epatobiliari   Anomali test di funzionalità epatica       Itterizia
    Disturbi della pelle e del tessuto sottocutaneo   Eruzioni maculo–papulari Eritema multiforme Prurito Orticaria     Necrolisi epidermica tossica Sindrome di Stevens–Johnson Esantema pustoloso generalizzato acuto (AGEP) Dermatite esfoliativa Dermatite bollosa Rash morbilliforme
    Disturbi generali e condizioni legate al sito di somministrazione     Dolore ascesso     Irritazione al sito di iniezione

    Eccipienti

    Alcool benzilico, Sodio edetato, Sodio idrato, Acqua p.p.i.

    Conservazione

    Non conservare al di sopra di 25°C.