Morfina cloridrato S.A.L.F. può essere somministrata per via sottocutanea, intramuscolare, nonché per via endovenosa ed epidurale nel caso in cui il medicinale non contenga conservanti.
Adulti
nel dolore acuto:
– per iniezione sottocutanea o intramuscolare, alla dose di 10 mg da ripetere, se necessario, ogni 4 ore;
– per somministrazione endovenosa: dose iniziale di 2–10 mg/70 kg somministrati in 4–5 minuti.
nel dolore post–operatorio:
– per iniezione epidurale, una dose di 2–5 mg nella regione lombare fornisce sollievo dal dolore per 24 ore. Se non si raggiunge una risposta soddisfacente, si possono somministrare dosi aggiuntive di 1–2 mg ad intervalli sufficienti per valutare l’efficacia. Non superare la dose di 10 mg in 24 ore.
– per infusione continua, si raccomanda una dose iniziale di 2–4 mg in 24 ore. Se non si raggiunge una risposta soddisfacente, si possono somministrare dosi aggiuntive di 1–2 mg.
nell’edema polmonare acuto:
– per iniezione endovenosa lenta (2 mg/min), fino a 5–10 mg.
nell’infarto del miocardio:
– per iniezione endovenosa lenta (2 mg/min), 10 mg seguiti, se necessario, da altri 10 mg.
Neonati
– somministrazione endovenosa in bolo lento: 40–100 mcg/kg in almeno 5–10 minuti, ogni 4–6 ore.
– per infusione: 25–50 mcg/kg (dose di carico), seguita da 5 mcg/kg/ora in caso di neonati pretermine; 50–100 mcg/kg (dose di carico), seguita da 10–20 mcg/kg/ora in caso di neonati a termine.
Bambini fino a 12 anni – Solo in casi particolari e di effettiva necessità
– Somministrazione endovenosa in bolo: 100–200 mcg/kg fino a 6 volte/die.
– per infusione: dopo un bolo come dose di carico (vedere sopra), 10–30 mcg/kg/ora.
Adolescenti da 12 a 18 anni
– somministrazione endovenosa in bolo: 2,5–10 mg fino a 6 volte/die.
– per infusione: dopo un bolo come dose di carico (vedere sopra), 10–30 mg/kg/ora.
Anziani o pazienti debilitati
In tali soggetti è consigliabile una riduzione della dose (vedere paragrafo 4.4)
Insufficienza epatica e renale
Nei pazienti con insufficienza epatica e/o renale moderata (VFG 10–50 ml/min) si raccomanda una riduzione del dosaggio del 25%; nei pazienti con insufficienza renale severa (VFG <10 ml/min) la dose deve essere ridotta del 50%.
Nel caso in cui sia necessario diluire la soluzione contenuta nella fiala è possibile utilizzare sodio cloruro 0,9% (soluzione fisiologica) o glucosio 5%.
La morfina deve essere somministrata nei bambini solo in casi particolari e di effettiva necessità (vedere paragrafo 4.2)
La morfina deve essere somministrata con cautela nei soggetti anziani e molto anziani o debilitati (vedere paragrafo 4.2) ed in pazienti affetti da:
– disturbi cardiaci secondari a patologie polmonari croniche
– affezioni organico–cerebrali
– insufficienza respiratoria e affezioni polmonari croniche (particolarmente se accompagnate da ipersecrezione bronchiale) e comunque in tutte le condizioni ostruttive delle vie respiratorie e in caso di ridotta riserva ventilatoria (come, ad esempio, in caso di cifoscoliosi ed obesità)
– coliche renali e biliari
– ipertrofia prostatica
– mixedema e ipotiroidismo
– epatite acuta ed epatopatie acute
– funzionalità renale e/o epatica ridotta (vedere paragrafo 4.2)
– insufficienza adrenocorticale
– stati ipotensivi gravi e shock
– rallentamento del transito gastrointestinale e affezioni intestinali di tipo infiammatorio o ostruttivo
– miastenia grave
– assuefazione agli oppioidi
– affezioni cardiovascolari ed aritmie cardiache
La morfina, per il suo effetto analgesico e per la sua azione sul livello di coscienza, sul diametro pupillare e sulla dinamica respiratoria può rendere difficile la valutazione clinica del paziente ed ostacolare la diagnosi di quadri addominali acuti.
La morfina va usata solo nel caso di effettiva necessità nei bambini, specialmente nei neonati. Il dosaggio va ridotto negli anziani e nei soggetti debilitati.
Inducendo in modo variabile il rilascio di istamina provoca vasodilatazione e diminuzione della pressione telediastolica.
Questo può essere vantaggioso nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia in seguito a recente infarto miocardico, ma è un problema in caso di disfunzioni delle valvole aortiche e nei disturbi coronarici di una certa importanza. È pratica comune la somministrazione di morfina in caso di insufficienza ventricolare sinistra acuta al fine di ridurre il precarico ventricolare per mezzo della vasodilatazione indotta dall’istamina.
L’uso di morfina, per il suo effetto analgesico e per la sua azione sul livello di coscienza, sul diametro pupillare e sulla dinamica respiratoria può rendere difficile la valutazione clinica del paziente ed ostacolare la diagnosi di quadri addominali acuti.
La somministrazione di morfina, specie se prolungata, determina la comparsa di tolleranza e dipendenza.
La tolleranza all’effetto analgesico della morfina si presenta come riduzione progressiva dell’efficacia e della durata dell’analgesia e comporta, come conseguenza, un aumento del dosaggio. La tolleranza all’inibizione dei centri del respiro si sviluppa parallelamente, per cui l’aggiustamento del dosaggio non comporta il rischio di una depressione respiratoria.
Contemporaneamente alla tolleranza ai diversi effetti della morfina e con lo stesso meccanismo d’azione, si sviluppa la dipendenza. La tolleranza ai narcotici–analgesici non consegue a un fenomeno di desensibilizzazione recettoriale, ma è indice dello sviluppo di meccanismi neurobiologici di segno opposto rispetto a quelli indotti dalla stimolazione dei recettori oppioidi. Lo stabilirsi di meccanismi adattativi (che presuppongono la sintesi di nuove molecole proteiche) ristabilisce l’equilibrio della funzione perturbata dalla ripetuta azione farmacologica della morfina. Il nuovo equilibrio è sostenuto dalla stimolazione dei recettori m–oppioidi da parte della morfina e dai meccanismi adattativi messi in essere dall’organismo e perdura fino a che la morfina stimola i recettori m–oppioidi. In una condizione di tolleranza, l’interruzione della somministrazione di morfina evidenzia l’attività funzionale di questi meccanismi, che si rivela in termini di sintomi speculari rispetto agli effetti acuti del narcotico: iperalgesia e dolorabilità diffusa, diarrea, midriasi, ipertensione, brividi di freddo, ecc. Questi sintomi nel loro insieme costituiscono la "sindrome di astinenza", la cui comparsa dimostra l’avvenuto sviluppo della dipendenza.
I sintomi da astinenza si manifestano di solito entro poche ore dall’assunzione dell’ultima dose, raggiungono l’intensità massima entro 36–72 ore, quindi regrediscono gradualmente. Questi sintomi includono nelle prime 24 ore irrequietezza, sbadigli, midriasi, lacrimazione, rinorrea, sudorazione e orripilazione. Successivamente i sintomi progrediscono e sono aggravati dalla comparsa di fascicolazioni e spasmi muscolari, dolori addominali e alle gambe, lombalgia, talora severo, cefalea, starnuti, debolezza, ansia, irritabilità, alterazioni del sonno o insonnia, agitazione, anoressia, nausea, vomito, diarrea, disidratazione, perdita di peso, tachicardia, tachipnea, ipertensione, febbre e disturbi vasomotori.
In assenza di trattamento i sintomi da astinenza più evidenti scompaiono in 5–14 giorni.
Tolleranza e dipendenza si sviluppano molto lentamente in clinica, se la morfina viene somministrata per prevenire l’insorgenza del dolore e non al bisogno. I meccanismi della tossicodipendenza con il "craving" (tossicomania) da oppiacei presuppongono una fase di autosomministrazione, cioè schemi posologici e motivazioni alla base dell’assunzione di morfina diversi da quelli previsti per il controllo del dolore cronico in clinica. Per cui sono rari i casi di tolleranza di grado elevato e di comportamenti compulsivi di appetizione del farmaco che, se presenti, presuppongono un intervento specialistico. Anche l’eventuale fase di interruzione della terapia con oppiacei, da attuarsi con gradualità, non si accompagna in clinica a complicanze comportamentali; sempre che la causa algogena sia stata rimossa.
Peraltro il rischio di dipendenza esiste, per cui la morfina non deve essere utilizzata negli stati dolorosi sensibili ad analgesici meno potenti o nei pazienti che non siano sotto stretta sorveglianza medica.
La tolleranza agli effetti farmacologici della morfina si attenua e scompare in pochi giorni dopo l’interruzione, assieme alla scomparsa dei sintomi di astinenza cioè della tolleranza.
Per chi svolge attività sportiva: l’uso del farmaco senza necessità terapeutica costituisce doping: può determinare effetti dopanti e causare anche per dosi terapeutiche positività ai test anti–doping.
Informazioni importanti su alcuni eccipienti: nessuna.
Gravidanza
Non vi sono dati adeguati riguardanti l’uso di morfina in donne in gravidanza.
Gli studi su animali sono insufficienti per evidenziare gli effetti sulla gravidanza/e sullo sviluppo embrio–fetale, sul parto e sullo sviluppo post–natale (vedere paragrafo 5.3). Il rischio potenziale per gli esseri umani non è noto.
La morfina cloridrato non deve essere usata durante la gravidanza, se non in caso di assoluta necessità, come la presenza di dolore grave. Occorre tenere presente che, come tutti gli analgesici stupefacenti, può provocare depressione respiratoria nel neonato per somministrazioni acute o sindrome d’astinenza per somministrazioni ripetute.
In ogni caso la somministrazione acuta deve essere evitata nei parti prematuri o durante la seconda fase del travaglio quando la dilatazione del collo uterino raggiunge i 4–5 cm.
Allattamento
La morfina è escreta nel latte materno.
Pertanto, nelle donne che allattano, occorre un’attenta valutazione del rapporto beneficio/rischio e decidere sull’opportunità di somministrare il farmaco, rinunciando a nutrire al seno il lattante o, viceversa, proseguire l’allattamento evitando la somministrazione del medicinale.
Di seguito sono riportati gli effetti indesiderati della morfina, organizzati secondo la classificazione sistemica organica MedDRA. Non sono disponibili dati sufficienti per stabilire la frequenza dei singoli effetti elencati.
Patologie endocrine
La morfina riduce l’increzione del fattore di rilascio della corticotropina (CRF) conseguente a stress e di gonadoreline. Di conseguenza si ha una diminuzione di produzione di ACTH e di glucocorticoidi, così come di LH, FSH e di steroidi sessuali. La morfina aumenta inoltre l’increzione di prolattina, che può accentuare le conseguenze della ridotta produzione di testosterone nel maschio. Infine, può aumentare la produzione di ormone antidiuretico (ADH).
Disturbi psichiatrici
Sono possibili modificazioni psicologiche, come eccitazione, insonnia, irritabilità, agitazione, euforia e disforia, ovvero sedazione ed astenia, depressione del tono dell’umore, ottundimento mentale e stati di indifferenza.
Patologie del sistema nervoso
Cefalea, vertigini, aumento della pressione endocranica che può aggravare preesistenti patologie dell’encefalo.
Patologie dell’occhio
Miosi, turbe della visione.
Patologie vascolari
La somministrazione acuta di morfina produce vasodilatazione periferica, riduce le resistenze periferiche e attenua i riflessi vasomotori. Questi effetti non sono avvertiti dal paziente in posizione supina, ma possono dar luogo a episodi di ipotensione ortostatica e sincope se il paziente assume la posizione eretta. A questi effetti insorge tolleranza dopo poche somministrazioni ripetute a breve distanza di tempo.
La morfina, anche a dosi terapeutiche, determina depressione respiratoria ed in minor misura depressione circolatoria.
Comunque, anche a seguito di somministrazione orale o parenterale di narcotici–analgesici, sono stati segnalati casi di grave depressione respiratoria e circolatoria fino all’arresto respiratorio ed al collasso.
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Depressione respiratoria: la depressione respiratoria è, in genere, di grado lieve o moderato e senza conseguenze di rilievo nei soggetti con integrità della funzione respiratoria; tuttavia, può indurre gravi conseguenze nei pazienti con affezioni bronco – polmonari come la formazione di aree di atelectasia. Comunque, anche a seguito di somministrazione orale o parenterale di narcotici–analgesici, sono stati segnalati casi di grave depressione respiratoria e circolatoria fino all’arresto respiratorio ed al collasso.
Patologie gastrointestinali
La somministrazione acuta di morfina può produrre nausea e conati di vomito, sia per stimolazione della CTZ che per una sensibilizzazione alla stimolazione labirintica. La morfina riduce la secrezione gastrica e duodenale, aumenta il tono della muscolatura liscia intestinale e rallenta la progressione dell’onda peristaltica. Produce stipsi di tipo spastico.
Patologie epatobiliari
La somministrazione acuta di morfina produce costrizione dello sfintere di Oddi e conseguente aumento della pressione nelle vie biliari, che può accentuare il senso di nausea e fastidio epigastrico e accentuare o scatenare il dolore da colica biliare.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
La somministrazione acuta di morfina può produrre arrossamento del volto, del collo e delle regioni superiori del torace, sudorazione, prurito, orticaria e altre eruzioni cutanee.
Per quanto riguarda la sindrome da astinenza, vedere al punto 4.4.
Patologie renali e urinarie
La morfina aumenta il tono muscolare degli ureteri, ma l’effetto è bilanciato dall’oliguria di origine ormonale.
Prolunga i tempi di svuotamento della vescica, ma a questo effetto compare rapida tolleranza.
Per quanto riguarda la sindrome di astinenza vedere paragrafo 4.4.
Acido cloridrico 1 N.
Acqua per preparazioni iniettabili.
Conservare nel contenitore originale in luogo protetto dal calore e al riparo dalla luce.
Attenzione: le soluzioni colorate non devono essere usate.
Le fiale sono per uso singolo: la soluzione eventualmente non utilizzata deve essere eliminata.