La doxorubicina può essere somministrata:
per iniezione endovenosa (in bolo) in 2–5 minuti oppure come infusione endovenosa continua in una infusione di sodio cloruro allo 0.9% p./v. o in una iniezione endovenosa di destrosio al 5% p./v., oppure in una iniezione endovenosa di cloruro di sodio e destrosio.
La somministrazione in bolo provoca picchi più elevati di concentrazioni plasmatiche e pertanto è probabilmente più cardiotossica.
Adulti
Monoterapia
Il dosaggio dipende dal tipo di tumore, dalla funzione cardiaca o epatica e dalla chemioterapia combinata.
Dose raccomandata in monoterapia
La dose comune raccomandata in monoterapia è di 60–75 mg/m² somministrata in una unica iniezione endovenosa ogni 3 settimane. Un dosaggio alternativo é di 20 mg/m² per via endovenosa, per tre giorni consecutivi, una volta ogni 3 settimane.
La dose cumulativa massima non deve superare i 550 mg/m².
La somministrazione della doxorubicina in un regime settimanale è risultata efficace quanto il regime di 3 settimane riducendo la tossicità cardiaca.
Il dosaggio raccomandato è 20 mg/m² settimanale, sebbene risposte efficaci siano state osservate a dosi comprese fra 6 e 12 mg/m².
Terapia combinata
Il dosaggio deve essere diminuito se il prodotto è utilizzato in associazione con altri farmaci citostatici con simili effetti tossici.
La dose cumulativa massima deve essere ridotta da 450 mg/m² a 400 mg/m² se il paziente è sottoposto a irradiazione mediastinica, ha una patologia cardiaca concomitante, o è curato con altri composti cardiotossici, oncolitici non antraciclinici.
Regolazione dei dosaggi in gruppi di pazienti specifici
Pazienti con disfunzione epatica: il dosaggio deve essere ridotto nei pazienti che presentano una funzione epatica compromessa. Si deve ridurre il dosaggio di doxorubicina in caso di elevati livelli di bilirubina come indicato: bilirubina sierica da 12 a 30 mg – somministrare ½ della dose normale, bilirubina > di 30 mg – somministrare ¼ della dose normale.
Pazienti con disfunzione renale
In generale, una compromissione della funzione renale non richiede una riduzione della dose.
Pazienti con rischio cardiaco
Pazienti ad aumentato rischio di cardiotossicità devono essere trattati con una infusione continua della durata di 24 ore, piuttosto che con una iniezione in bolo. In questo modo, la cardiotossicità può essere meno frequente, senza ridurre l’efficacia terapeutica. In questi pazienti si deve misurare la frazione di eiezione prima di ogni trattamento.
Il rischio di sviluppare cardiomiopatia aumenta gradualmente con il dosaggio. Non deve essere superata una dose cumulativa di 450–550 mg/m².
In caso di preesistente cardiopatia, o di precedente irradiazione mediastinica o cardiaca devono essere evitate dosi cumulative superiori a 400 mg/m² (monitoraggio della funzione cardiaca – vedere paragrafo 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni di impiego).
Nella terapia in associazione con altri oncolitici vengono somministrate dosi di 50–75 mg/m². Può verificarsi mielosoppressione più pronunciata a causa degli effetti additivi dei farmaci.
Dosaggio nei bambini
Il dosaggio nei bambini deve essere ridotto a causa dell’alto rischio di insorgenza di cardiotossicità che può manifestarsi a distanza di tempo pertanto si raccomanda un attento follow–up cardiaco. La mielotossicità deve essere prevista, con nadirs da 10 a 14 giorni dopo l’inizio del trattamento, ma è generalmente seguita da una rapida guarigione a causa dell’ampia riserva di midollo osseo dei bambini rispetto agli adulti.
Carcinoma della vescica superficiale e carcinoma della vescica in situ
Il dosaggio raccomandato è 50 mg in 50 ml di soluzione salina normale, somministrata tramite un catetere sterile. Inizialmente, questa dose è somministrata settimanalmente, successivamente mensilmente. La durata ottimale del trattamento non è stata ancora determinata; varia tra i 6–12 mesi.
Le limitazioni circa la dose massima cumulativa, come per la somministrazione endovenosa, non si applicano alla somministrazione intravescicale, perché l’assorbimento sistemico della doxorubicina è irrilevante.
Si deve prestare attenzione durante la somministrazione per evitare l’infiltrazione perivenosa che può indurre necrosi locale e tromboflebiti.
La doxorubicina non deve essere somministrata per via intratecale o intramuscolare o sottocutaneo o infusioni a lungo termine. (È stato dimostrato che l’associazione di doxorubicina con eparina e 5–fluorouracile forma precipitati, di conseguenza non deve essere mescolata con nessun altro farmaco.)
Precauzioni generali:
La doxorubicina deve essere somministrata solo sotto il controllo dello specialista con esperienza nell’uso di agenti chemioterapici. Si raccomanda il ricovero dei pazienti almeno durante la prima fase del trattamento poiché è necessaria una attenta sorveglianza e analisi di laboratorio. Prima del trattamento con la doxorubicina, occorre effettuare dei test clinici iniziali sulla funzionalità cardiaca, epatica ed ematologica.
La nausea, il vomito e l’infiammazione delle mucose sono spesso estremamente gravi e devono essere curati adeguatamente. La doxorubicina non deve essere somministrata per via intramuscolare o sottocutanea.
Stravaso
Lo stravaso provoca una necrosi grave e progressiva del tessuto. Lo stravaso produce dolore e/o una sensazione di bruciore sulla zona dove si è effettuata la somministrazione endovenosa di doxorubicina. In caso di stravaso si deve sospendere immediatamente l’iniezione e ricominciare in un’altra vena. Si deve applicare ghiaccio sulla zona colpita; il lavaggio con una soluzione salina normale, infiltrazioni locali con corticosteroidi oppure con una soluzione di sodio idrogeno carbonato (8–4%) e l’applicazione di dimetilsulfossido hanno riportato risultati più o meno soddisfacenti. L’applicazione locale di creme all’idrocortisone 1% può procurare beneficio. Si consiglia di interpellare un chirurgo plastico, e va presa in considerazione una ampia asportazione della zona interessata.
Cardiotossicità
Esiste un rischio accertato di sviluppo di cardiomiopatia indotta dalle antracicline e dipendente dalla dose cumulativa, e pertanto tale dose non deve superare i 450–550 mg/m². A dosi superiori a queste, il rischio di sviluppo di insufficienza cardiaca aumenta notevolmente. La riduzione della dose cumulativa rappresenta la misura più importante per evitare la cardiotossicità della doxorubicina. Questa può manifestarsi con tachicardia, alterazioni del tracciato ECG o insufficienza cardiaca, che può insorgere improvvisamente anche alcuni mesi/anni dopo il trattamento, senza essere preceduta da modificazioni dell’ECG. Il rischio di sviluppo di insufficienza cardiaca nei pazienti neoplastici trattati con doxorubicina persiste per tutta la vita. L’insufficienza cardiaca dovuta alla doxorubicina può essere non responsiva al trattamento convenzionale.
Il rischio di cardiotossicità aumenta nei pazienti precedentemente trattati con irradiazione mediastinica o pericardica, in quelli trattati con altre o precedenti antracicline e/o antracenedioni, nei pazienti con anamnesi positiva per cardiopatia, in quelli anziani (età ≥ 70 anni), nonché nei bambini di età <15 anni. La cardiotossicità può verificarsi per dosi inferiori a quelle cumulative limite raccomandate. La dose cumulativa totale di doxorubicina per un singolo paziente deve pertanto tener conto di ogni trattamento precedente o concomitante con altri farmaci potenzialmente cardiotossici, di terapie quali ciclofosfamide, mitomicina C o dacarbazina e.v. ad alte dosi, di altre antracicline come la daunorubicina, o della irradiazione mediastinica o pericardica.
Gravi aritmie acute sono state descritte durante o poche ore dopo la somministrazione della doxorubicina.
Possono verificarsi modificazioni del tracciato ECG, tra cui riduzione del complesso QRS, un prolungamento dell’intervallo sistolico e una diminuzione della frazione di eiezione.
Si deve prestare grande attenzione ai pazienti con cardiopatie in atto, quali infarto del miocardio recente, insufficienza cardiaca, cardiomiopatia, pericarditi o disritmie, o a quelli che sono stati trattati con altri composti cardiotossici, come ad es. la ciclofosfamide (vedere paragrafo 4.5).
Monitoraggio della funzione cardiaca
La funzione cardiaca deve essere valutata prima dell’inizio del trattamento, accuratamente monitorata durante l’intera durata di questo, e valutata nuovamente dopo la fine della terapia. Prima e dopo ogni trattamento si consiglia di eseguire un ECG. Alterazioni del tracciato, quali depressione o negativizzazione dell’onda T, riduzione del tratto ST o aritmie sono di solito segni di effetto tossico acuto ma transitorio (reversibile), e non vengono considerate indicazioni alla sospensione della terapia con doxorubicina. Tuttavia, una persistente diminuzione di ampiezza del complesso QRS e un prolungamento dell’intervallo sistolico sono maggiormente indicativi di cardiotossicità indotta dalle antracicline.
Quando il voltaggio del complesso QRS diminuisce del 30% o vi è un accorciamento frazionale del 5%, si raccomanda di interrompere il trattamento.
Il metodo ottimale per predire la cardiomiopatia è costituito dalla identificazione di una riduzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro (FEVS), determinata ecograficamente o mediante cardioscintigrafia. La valutazione della FEVS deve essere eseguita prima dell’inizio del trattamento e ripetuta dopo ciascuna dose cumulativa di 100 mg/m² e in caso di comparsa di segni di insufficienza cardiaca. Di regola, una riduzione assoluta >10% o al di sotto del 50% nei pazienti in cui essa era inizialmente normale rappresenta un segno di compromissione della funzione cardiaca. In tali pazienti, la continuazione del trattamento con doxorubicina va attentamente valutata.
Mielosoppressione
Attenti controlli ematici devono essere effettuati a causa dell’alta incidenza di depressione midollare. Esiste un alto rischio di neutropenia; trombocitopenia e anemia si verificano meno frequentemente. Il nadir si verifica dopo 10–14 giorni dalla somministrazione. I livelli ematici raggiungono i valori normali entro i 21 giorni dopo somministrazione. La terapia con doxorubicina non deve essere iniziata o continuata quando la conta dei granulociti polinucleati è al di sotto dei 2000/mm³. Nel trattamento delle leucemie acute, questo limite può essere ridotto, a seconda delle circostanze.
Una mielosoppressione grave può provocare insorgenza di emorragia e superinfezioni, e costituisce una indicazione alla riduzione o la sospensione della doxorubicina.
Poiché il farmaco può causare immunosoppressione, devono essere prese adeguate misure per prevenire una infezione secondaria.
Iperuricemia
Come con altri agenti chemioterapici antitumorali, con regimi posologici che contengono doxorubicina esiste il rischio di iperuricemia che può risultare in gotta acuta o nefropatia da urati a seguito di lisi tumorale.
Compromissione epatica
Poiché la doxorubicina è escreta principalmente attraverso il fegato, la riduzione della funzione o l’insufficienza epatica può ritardare l’eliminazione e aumentarne la tossicità complessiva. Pertanto si raccomanda di eseguire i tests di funzionalità epatica (SGOT, SGPT, fosfatasi alcalina e bilirubina) prima e durante il trattamento con doxorubicina.
I livelli ematici di acido urico devono essere monitorati; deve essere assicurato un sufficiente apporto di liquidi (al minimo 3 l/m²/die). Se necessario, si può somministrare un inibitore della xantino–ossidasi (allopurinolo).
Uomini e donne devono assumere misure contraccettive durante e per almeno 3 mesi dopo la terapia con doxorubicina.
Colorazione delle urine
I pazienti devono essere avvertiti che la doxorubicina può causare una colorazione rossa delle urine, in particolar modo nel primo prelievo dopo la somministrazione, ma ciò non deve provocare allarmismo.
Via intravescicale
La somministrazione per via intravescicale non deve essere effettuata in quei pazienti affetti da tumori invasivi che hanno penetrato la parete vescicale, infezioni del tratto urinario oppure in condizioni infiammatorie della vescica.
Studi riproduttivi condotti sugli animali hanno dimostrato che la doxorubicina è teratogenica e embriotossica (vedere il paragrafo 5.3). La doxorubicina è escreta nel latte materno. La doxorubicina non deve essere usata nelle donne in stato di gravidanza e allattamento (vedere il paragrafo 4.3).
La doxorubicina è escreta nel latte materno. Si sconsiglia l’uso del farmaco durante l’allattamento.
Le frequenze sono definite utilizzando la seguente convenzione: Molto comune (≥ 1/10), comune (≥ 1/100, <1/10); non comune (≥ 1/1.000, <1/100), raro (≥ 1/10.000 ≤ 1/1.000), molto raro (≤ 1/10.000), non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei dati disponibili).
Le reazioni avverse sono molto comuni. Tossicità dose–limitanti della terapia sono la mielodepressione e la cardiotossicità, che si verificano, rispettivamente, in >10% e nell’1–10% dei pazienti.
La doxorubicina può potenziare la tossicità della radioterapia e di altre terapie anti–neoplastiche (streptozotocina, metotrexato, ciclofosfamide).
Tumori benigni, maligni e non specificati (cisti e polipi compresi)
Non comune
Pazienti pediatrici possono essere ad aumentato rischio di malattia neoplastica tardiva, in particolare leucemia mieloide acuta (LMA).
Raro
Il verificarsi di una leucemia mieloide acuta secondaria, con o senza fase preleucemica, è stato segnalato raramente in pazienti trattati con doxorubicina in associazione con farmaci anti–neoplastici che danneggiano il DNA. Tali casi possono anche avere un breve periodo di latenza (1–3 anni).
Patologie del sistema emolinfopoietico
Molto comune
La mielodepressione include una leucopenia transitoria, anemia e trombocitopenia, che raggiungono il proprio nadir 10–14 giorni dopo il trattamento.
Patologie endocrine
Non nota
Pazienti pediatrici
In generale, i regimi chemioterapici intensivi possono provocare disturbi della crescita pre–puberale e disfunzione endocrina. La doxorubicina può contribuire alla mancata crescita pre–puberale. La doxorubicina non ha provocato alcun effetto endocrino tardivo apparente.
Disturbi del metabolismo e della nutrizione
Comune – molto comune
Iperuricemia
Patologie dell’occhio
Raro
Congiuntivite, lacrimazione
Patologie cardiache
Comune – molto comune
La cardiotossicità può manifestarsi come aritmia direttamente dopo la somministrazione; alterazioni del tracciato ECG, tra cui appiattimento dell’onda T e depressione del tratto S–T, possono durare fino a 2 settimane dopo la somministrazione. Possono verificarsi pericardite e miocardite.
Il rischio di sviluppo di cardiomiopatia aumenta gradualmente con l’aumento del dosaggio. Non deve essere superata una dose cumulativa di 450–550 mg/m², ma una insufficienza cardiaca congestizia irreversibile può verificarsi perfino con una dose di 240 mg/m².
Un’età >70 o <15 anni deve essere considerata un fattore di rischio. È stato riportato che anche un trattamento concomitante o pregresso con mitomicina C, ciclofosfamide o dacarbazina potenzia la cardiomiopatia indotta dalla doxorubicina (vedere paragrafo 4.4.).
La cardiotossicità può manifestarsi molte settimane, mesi o perfino anni dopo la sospensione della terapia con doxorubicina. Il rischio di sviluppo di insufficienza cardiaca nei pazienti neoplastici trattati con doxorubicina persiste per tutta la vita.
Patologie vascolari
Molto raro
È stata segnalata tromboflebite
Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche
Molto raro
Sono stati segnalati alcuni casi singolari di tossicità polmonare (tachipnea, dispnea/versamento pleurico, bronchiolite obliterante con polmonite organizzata, granulomatosi broncocentrica/depressione respiratoria pericolosa per la vita, sindrome simil post–pneumonectomia, polmonite interstiziale, polmonite da radiazioni, embolia polmonare). In caso di trattamento combinato citostatico (specialmente gemcitabina, bleomicina, combinazioni con taxani o rituximab) con o senza radioterapia mediastinica così come in pazienti predisposti deve essere considerata la possibilità di insorgenza di tossicità polmonare.
Patologie gastrointestinali
Molto comune
La nausea, il vomito, l’infiammazione della mucosa (come stomatiti e infiammazione del retto) e diarrea possono verificarsi 5–10 giorni dopo la somministrazione. Il danno del tratto gastrointestinale può indurre ulcera, emorragia e perforazione.
Le mucositi iniziano di solito, 5–10 giorni dopo il trattamento, con una sensazione di bruciore alla bocca e alla gola e possono evolvere in ulcerazioni, con il rischio associato di infezioni secondarie. Mucositi possono colpire anche la vagina, il retto e l’esofago.
Patologie epatobiliari
Comune
Sono stati descritti lievi e transitori aumenti degli enzimi epatici. La concomitante irradiazione del fegato può causare grave epatotossicità, che a volte evolve in cirrosi.
Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo
Molto comune
Alopecia reversibile nella maggior parte dei pazienti, iperpigmentazione della matrice dell’unghia, pieghe della pelle, onicolisi. La doxorubicina è altamente irritante e lo stravaso nella sede dell’infusione può provocare dolore locale, irritazione, infiammazione, tromboflebiti, che possono causare un’ulcera grave e necrosi della cute.
Occasionalmente sono state riportate reazioni di ipersensibilità come reazioni cutanee (eruzione cutanea, prurito, orticaria, angioedema, febbre e anafilassi).
La doxorubicina influenza e potenzia le reazioni dei tessuti normali alle radiazioni. Quando la doxorubicina viene somministrata qualche tempo dopo l’irradiazione, possono aversi anche reazioni ritardate ("richiamo").
Non nota
Eritrodisestesia palmo–plantare
Patologie renali e urinarie
Comune
La somministrazione intravescicale può causare le seguenti reazioni avverse: ematuria, irritazione vescicale e uretrale, stranguria e poliuria. Queste reazioni sono in genere di moderata gravità e di breve durata. La somministrazione intravescicale di doxorubicina può a volte causare cistiti emorragiche; ciò può provocare una riduzione della capacità della vescica. La doxorubicina causa modificazioni verso il rosso del colorito delle urine.
Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione
Raro
Congiuntivite, lacrimazione.
Se l’iniezione viene praticata troppo rapidamente, possono aversi vampate di calore al volto.
Sono state descritte tromboflebiti e congiuntiviti.
Segnalazione delle reazioni avverse sospette
La segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione del medicinale è importante, in quanto permette un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio del medicinale. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione all’indirizzo www.agenziafarmaco.gov.it/it/responsabili.
Acido cloridrico (per l’aggiustamento del pH), sodio cloruro, acqua per preparazioni iniettabili.
Conservare in frigorifero (2° C – 8° C).
La conservazione del medicinale in condizioni refrigerate può causare la formazione di un prodotto gelificato. Questo prodotto gelificato ritornerà in uno stato da leggermente viscoso fino a una soluzione liquida dopo due o massimo 4 ore di esposizione a temperatura ambiente (15 – 25° C).
Tenere il flaconcino nella confezione originale per proteggere il medicinale dalla luce.
Per la conservazione della soluzione diluita, vedere il paragrafo 6.3.